Un’estate all’insegna del “buon” riciclo.

Luglio è il mese che fa da apripista alle vacanze. Molti di noi andranno al mare e avranno la possibilità di toccare con mano la drammatica situazione in cui versano i nostri mari e le nostre spiagge. Da una recente indagine condotta da Legambiente, denominata “Beach Litter”, la situazione in Italia è veramente critica. Su 93 spiagge monitorate, per un totale di 400mila metri quadrati, sono stati trovati una media di 968 rifiuti ogni 100 metri e il primato va alla plastica con l’81%.
Abbiamo voluto approfondire l’argomento con il Dott. Paolo Cazzaniga, Responsabile Area G1 – Controllo qualitativo del sistema di raccolta differenziata e trattamento dei rifiuti della nostra società.

Dalla ricerca condotta da Legambiente emergono dati sconcertanti. Eppure oggi si parla molto del problema dell’inquinamento da rifiuti nei mari e negli oceani. Mancanza di consapevolezza o di una coscienza ecologica?
Direi un 50/50. Da un lato probabilmente i cittadini non si rendono conto fino in fondo delle conseguenze drammatiche di un comportamento ambientalmente sbagliato. Fortunatamente, da diverso tempo anche i mass media hanno acceso i riflettori su questo tema, divulgando con costanza notizie ed approfondimenti relativi all’inquinamento, con un occhio di riguardo sulla plastica. Quest’attività mediatica è fondamentale per risvegliare le coscienze di tutti, in modo da poter rimodellare e riequilibrare i comportamenti nel rispetto dell’ambiente. Occorre che ognuno di noi abbia ben chiaro un concetto basilare: gettare i rifiuti nel mare, nei fiumi, abbandonarli sulle spiagge o nei boschi non significa inquinare semplicemente quello specifico luogo ma tali azioni hanno ripercussioni su interi ecosistemi. In sintesi mi sento di dire che da un lato manca sicuramente la visione globale del problema, dall’altro è necessario costruire, sviluppare e conservare una coscienza ecologica personale.
Con il Consorzio Corepla avete collaborato, tra le tante, ad un’importante operazione di indagine sul River e sul Marine Litter. Ce ne può parlare?
Greenwich srl si occupa, per il Consorzio Corepla, delle analisi merceologiche su rifiuti da raccolta differenziata, nello specifico della plastica. Il Consorzio sta portando avanti diversi progetti di indagine sull’inquinamento sia nei fiumi sia nei mari. Da anni il team di Greenwich è impegnato quotidianamente nello svolgimento delle analisi merceologiche della plastica derivante da raccolta differenziata, acquisendo così nel tempo un know how che oggi è veramente molto elevato, tanto da poter essere utilizzato anche in un’indagine un po’ diversa come quella relativa ai rifiuti in fiumi e mari. L’analisi merceologica quindi non viene effettuata sul rifiuto urbano ma su quello recuperato sulle rive dei fiumi o in particolari settori marini come un porto, una riviera, un tratto di costa. Materialmente i nostri ispettori si sono trovati ad analizzare diversi quantitativi di rifiuti recuperati dal mare o dai fiumi, utilizzando il medesimo approccio metodologico che quotidianamente applicano per le analisi della raccolta differenziata “urbana e industriale”. Dalle attività svolte in collaborazione con Corepla sono inoltre nati interessanti progetti di riciclo e recupero. Il Consorzio, dopo la raccolta e l’analisi dei rifiuti, li ha inviati presso industrie specializzate nel riciclo le quali li hanno “riportati in vita” sotto nuove spoglie, come ad esempio la Casetta Rifugio nata dal progetto “Il Po d’AMare” che oggi si trova esposta presso l’oratorio Circolo Orpas di via Cagliero a Milano.

Si parla di rifiuti nei mari ma questi in realtà sono prodotti a terra. Com’è possibile evitare che arrivino nelle acque?
I rifiuti marini provengono per l’80% da terra ferma mentre il 20% deriva da attività di pesca e navigazione. Ricordiamoci che i mari sono immensi e purtroppo esistono tantissimi paesi dove la percezione dell’inquinamento è ancora più bassa rispetto alla nostra e dove ancora non esistono strutture atte ad una corretta gestione dei rifiuti. La soluzione è sicuramente strutturare e ottimizzare al massimo i sistemi e gli impianti di raccolta differenziata e allo stesso tempo educare le persone a gestire in modo corretto i rifiuti partendo dalle basi, ossia nel raccoglierli, non abbandonarli e differenziarli. Nel nostro paese questo problema dovrebbe essere ormai superato, il fatto che persista lo attribuisco in gran parte ad un senso di inciviltà. Certamente si può fare meglio ma senza un’educazione civica e una coscienza ecologica diventa difficile.

Quali conseguenze può avere tutto ciò in futuro sull’uomo e sull’ambiente?
Per quanto riguarda l’ambiente non parlerei tanto di futuro. L’inquinamento da rifiuto è un fatto ormai appurato. Certo è che andando avanti, senza creare una coscienza ecologica, il problema non potrà che intensificarsi. Basti pensare che a livello mondiale la popolazione è in continuo aumento: più persone uguale più rifiuti. Se non troviamo dei correttivi il problema non solo persisterà ma aumenterà. Per quanto riguarda l’uomo anche qui direi che possiamo tranquillamente parlare al presente. Tutti noi siamo parte degli ambienti in cui viviamo e in ultima analisi della catena alimentare. Se l’ambiente è inquinato rischiamo di entrare in contatto con sostanze tossiche, banalmente perché ingerite da un pesce o da un animale che poi potremmo ritrovare sulle nostre tavole.
Eliminare la plastica è LA soluzione?
Quando parliamo di questo materiale dobbiamo avere ben chiaro che non si fa solo riferimento agli oggetti con esso realizzati (nell’immaginario comune si pensa nell’immediato ad esempio alle posate, ai bicchieri etc.) ma anche e soprattutto agli imballaggi, che sono i protagonisti delle indagini di Greenwich. Occorre anche precisare che esistono diverse tipologie di plastica e, quindi, quando parliamo di eliminare la plastica stiamo dicendo che andrebbero tutte eliminate? Dagli anni ’50 ad oggi il mercato ha messo a disposizione tante soluzioni tecnologiche, tanti polimeri diversi con differenti proprietà fisiche proprio grazie alla versatilità di questo materiale. Sostituire la plastica significa quindi trovare uno o più altri materiali che ci consentano di imballare e conservare al meglio i nostri beni. Che la plastica non sia biodegradabile è un dato di fatto tant’è che un’ottima soluzione ad oggi è stata l’introduzione dei sacchetti bio. Ma è possibile estendere il loro utilizzo? Con cosa potremo sostituire la plastica nelle sue diverse attuali applicazioni? Non è forse utile, accanto alla ricerca di nuovi materiali, imparare davvero anche a raccogliere in modo differenziato la plastica per avviarla correttamente al riciclo? Temo che il punto focale sia sempre lo stesso, senza una coscienza ecologica è difficile proseguire nella giusta direzione. Possiamo anche imporci di sostituire la plastica con altro materiale ma il rischio è che tra 20 anni ci potremmo trovare in un ambiente plastic free ma, senza una coscienza ambientale, con lo stesso problema dell’inquinamento da rifiuti.
Com’è possibile salvarci da questo disastro ecologico?
L’essere umano deve rendersi conto che non è padrone della Terra ma ne è parte e, se vuole continuare a vivere e sopravvivere come specie, deve imparare a rispettarla. Era norma delle vecchie generazioni pensare all’eredità dei figli come a un lascito economico, una casa e del denaro… Oggi dobbiamo iniziare a pensare che la cosa migliore che possiamo lasciare a chi verrà dopo di noi sia un pianeta sano. La coscienza ecologica deve diventare parte integrante del concetto di eredità.
Ps. Le vacanze sono dietro l’angolo e molti andranno al mare (ma vale anche per chi va in montagna, al lago o rimane a casa, insomma per tutti), perché non provare sin da subito a voler bene al pianeta? Basta poco!