Net Zero Carbon Building: intervista a Giuseppe Zaffino

Nel recente rapporto annuale del consorzio Global Carbon Project diffuso a Glasgow in occasione della COP26, emerge che l’inquinamento globale da CO2 rischia di tornare al record negativo del 2019, del quale ne è responsabile il settore delle costruzioni per circa il 40%. Le emissioni derivanti dall’edilizia rappresentavano il 38% dell’impatto globale nel 2015, fino a salire ai livelli preoccupanti del 2019.

Nonostante nell’ultimo periodo la pandemia abbia rallentato, per ovvie ragioni, questo incremento negativo, nulla di sostanziale è stato fatto a livello operativo per invertirne la tendenza, e la curva dell’impatto ambientale derivato dal comparto edile tornerà inevitabilmente a salire nei prossimi anni. Questo è il quadro non rassicurante emerso dal documento Global Status Report for Buildings and Construction, pubblicato quest’anno dal Global Alliance for buildings and Construction (Global ABC).

Il settore delle costruzioni sta affrontando oggi una sfida veramente importante e determinante per l’ambiente, iniziata già nel 2018, con il lancio del programma “Net Zero Carbon Buildings Commitment” da parte del World GBC. Questo impegno prevede:

  • Che entro il 2030 i nuovi edifici siano efficienti energeticamente, coprano il più possibile il proprio fabbisogno da fonti rinnovabili prodotti in sito e che compensino la quota residua; sempre entro il 2030 gli edifici esistenti riducano le emissioni, abbandonino le fonti fossili o compensino ove necessario.
  • Che entro il 2050 si raggiunga una totale decarbonizzazione.
  • Che sottoscrive l’impegno a convertire il funzionamento di tutti gli edifici a zeo emissioni di carbonio entro 2030 e a renderlo operativo entro il 2050.

Cosa significa Net Zero Carbon Building?

Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Zaffino, Consigliere Delegato, Direttore dell’area Green Building Division e responsabile di tutti i servizi di certificazione di Greenwich Srl.

Giuseppe Zaffino, Consigliere Delegato, Direttore dell’area Green Building Division e responsabile di tutti i servizi di certificazione di Greenwich Srl.

Una spinta importante arriva anche da GRESB, che nel 2020 ha annunciato l’allineamento dei propri standard di reporting allo Net Zero Carbon Buildings Commitment del Worl Green Building Council, e l’aumento del riconoscimento per i portafogli immobiliari che sottoscrivono l’impegno. Che cosa comporta per realtà come la vostra questo allineamento?

GZ. I Net Zero Carbon Buildings sono edifici efficienti che sono in grado di ridurre il fabbisogno energetico grazie ad una progettazione efficiente, che coprono il fabbisogno con una importante quota di energia rinnovabile prodotta in sito e che compensano la limitata quota residua di energia approvvigionata, con energia rinnovabile.

In questi ultimi mesi stiamo assistendo a una crescita esponenziale di richieste, da parte dei nostri clienti, proprio in relazione alle valutazioni sul carbon dei loro Assets. Sempre più aziende vogliono misurare il loro portafoglio immobiliare, sia esistente sia dopo un’attività di riqualificazione, per verificare come si va a ridurre l’emissione di CO2 rispetto anche a dei benchmark riconosciuti. Uno dei più importanti in questo senso è CRREM il quale misura le prestazioni di un edificio rispetto ai target del protocollo di Parigi*.

* Il Piano di Parigi (2015) è finalizzato a contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto della soglia dei 2°C oltre i livelli pre-industriali e di limitare tale incremento a 1,5°C, quest’ultimo confermato come target cui puntare durante la recente Cop26.

Cos’è il CRREM (Carbon Risk Real Estate)?

GZ.  Il Carbon Risk Real Estate Monitor (CRREM) è un progetto di ricerca e innovazione europeo del programma quadro Horizon 2020. Ideato dalla comunità europea, questo progetto definisce, per ogni paese, la curva ottimale di riduzione dell’intensità carbonica con l’obiettivo di arrivare nel 2050 ad avere edifici sostanzialmente a zero impatto di CO2. Tanti sviluppatori immobiliari si stanno muovendo verso questa valutazione per verificare come i loro portafogli immobiliari si pongono verso questo obiettivo.

Il modello CRREM, ha quindi il valore di verificare se un determinato edificio aderisce agli standard previsti dal protocollo di Parigi in merito alle emissioni di CO2 in atmosfera. Le proprietà immobiliari sono sempre più esposte a rischi finanziari associati a scarse prestazioni energetiche, e attraverso il CRREM si ha la possibilità di accelerare la decarbonizzazione del real estate dell’Unione Europea, comunicando e quantificando le implicazioni finanziarie del cambiamento climatico sul patrimonio edilizio.

Attraverso questo strumento si vuole identificare il cosiddetto anno di stranding, ossia l’anno in cui l’edificio interseca la curva di decarbonizzazione e oltre il quale vi è il superamento delle emissioni. Il superamento della curva proietta l’edificio fuori parametro rispetto alla discesa ottimale dell’intensità carbonica prevista dall’obiettivo di neutralità del 2050. Attraverso questa analisi viene quindi indicato alla proprietà il momento in cui sarà necessario pensare, magari anche in anticipo, ad interventi di retrofitting  finalizzati a migliorare ulteriormente le performance dell’edifici.

Curva di decarbonizzazione

Come si applica nello specifico il CRREM? 

GZ. Il CRREM prevede la raccolta dei dati riguardanti i consumi energetici pregressi dell’edificio (dati da bollette) relativi a tutte le fonti energetiche implicate all’interno di un edificio e di imputarle in un calcolatore che genera, conseguentemente, insieme ai dati dimensionali dell’asset, delle sue caratteristiche e delle destinazioni d’uso dell’edificio, un punto di partenza sulla curva (identificativo dell’intensità carbonica “as is”). Da questo processo di calcolo emerge una sorta di carta d’identità carbonica. CRREM si può combinare con una simulazione energetica dell’edificio soggetto a riqualificazione con lo scopo di prevedere il consumo energetico su base annua post intervento e calcolare quindi la nuova intensità carbonica e il nuovo anno di stranding.

Avete già avuto modo di utilizzare questo modello?

GZ. Certo. Da diversi mesi, Greenwich SRL, offre questo servizio in qualità di società esperta nelle valutazioni energetiche e di simulazione energetica dinamica. In virtù di questa preparazione, Greenwich si pone come partner per chi vuole fare un’analisi competente secondo il sistema CRREM.

Un’ultima domanda su una dichiarazione di Inge Andersen, direttore esecutivo dell’Unep, la quale scrive nell’ultimo rapporto Emission Gap del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente: “per avere una chance di non superare quota 1,5 gradi,  ci restano otto anni in cui dovremmo pressoché dimezzare le emissioni di gas serra: otto anni per fare i progetti, tradurli in politiche, implementare tali politiche e infine incassare concretamente i tagli.” (Fonte Repubblica.it)

Cosa ne pensa? Possiamo farcela in otto anni ?

GZ. Sicuramente stiamo parlando di una sfida ardua. La deadline del 2030 pone già degli obiettivi interessanti quali una riduzione delle emissioni del 55% per arrivare a zero emissioni nel 2050. Il raggiungimento di questo obiettivo richiede un grande sforzo sia in termini economici che in termini di politiche private e pubbliche lavorando su più fronti, con strumenti normativi e incentivi, e al contempo richiede un grande impegno per la modifica delle politiche energetiche nazionali. Un altro aspetto importante da considerare per raggiungere la decarbonizzazione è la modalità di produzione dell’energia: è energia pulita o emette CO2? Fino a che saremo legati a combustibili fossili per produrre energiea elettrica continueremo ad immettere nell’atmosfera CO2. Se l’Italia fosse energeticamente un paese al 100% autonomo e al contempo questa autonomia fosse il più possibile garantita da energie pulite partiremmo chiaramente da un livello alto.

Il sistema per essere sostenibile deve prevedere una riduzione importante dell’uso energetico: se sprechiamo energia in modo significativo si fa fatica ad avere impianti di fonti rinnovabili in grado di coprire l’intera richiesta; di contro se il fabbisogno si riduce è possibile coprire la richiesta in maniera sostenibile ottimizzando così anche i costi di investimento per la realizzazione massiva di impianti di energia rinnovabile.

Occorre agire quindi su due fronti: ridurre la quantità di energia utilizzata in modo da facilitare la copertura del fabbisogno da fonte rinnovabile e al contempo attuare una transizione energetica importante verso fonti pulite. Tutto questo è fattibile solo se c’è un orizzonte comune di impegno che riguardi sia il settore pubblico che privato.